Attualmente le dimensioni dell'abitato di Guagnano sono molto più ampie che in passato. L'impianto urbanistico di Guagnano ha assunto nel corso dei secoli un assetto decisamente differente rispetto a quello del XVII secolo e comunque del periodo antecedente al 1798, che segna la data di ricostruzione della Chiesa principale con il nuovo orientamento della facciata rivolto verso Oriente.
Nonostante quanto si possa pensare rispetto alle ipotesi secondo cui la facciata sarebbe rivolta ad Oriente in segno di sfida nei confronti dell'Islam, in realtà tale orientamento è frutto di esigenze logistiche, dal momento che la crescita demografica dell'abitato rese necessario l'ampliamento del luogo di culto e, nel nuovo impianto, l'unica accortezza che si volle usare fu quella di conservare la posizione dell'altare dedicato alla Madonna del Rosario, tanto importante per la comunità guagnanese delle origini da dare addirittura luogo alla leggenda di fondazione della stessa città.
Il rapporto tra la chiesa e l'abitato attualmente risulta alterato, specie in considerazione del fatto che l'orientamento verso Est della piazza fu motivo di disorganizzazione della rete viaria, precedentemente convergente verso l'antico ingresso della chiesa. La vecchia chiesa era al centro del paese, con strade che scorrevano su due lati e facciata su una piazza.
Alle spalle c'era un'altra piazza più piccola, proprio dietro l'altare principale che su tale piazza aveva una finestra a balcone come affaccio, tutto intorno un turbinio di vicoli e viuzze convergenti verso il cuore pulsante del paese, luogo di soddisfacimento dei bisogni spirituali e conviviali per i cittadini.
La chiesa principale di Guagnano si trova nella piazza centrale del paese ed è dedicata alla Santissima Maria del Rosario. La facciata principale è rivolta ad oriente ed ingloba una chiesetta più antica, probabilmente eretta sul luogo del ritrovamento di un'immagine della Vergine del Rosario il cui altare poté così essere conservato.
L'edificio presenta pianta longitudinale (quaranta per diciannove metri), con navata mediana, due navate laterali minori e transetto. La sua costruzione terminò nel 1798, dopo oltre 40 anni di lavori.
L'arcivescovo di Brindisi, Annibale De Leo1, dedicò la chiesa alla Vergine e consacrò l'altar maggiore ponendovi nella mensa le reliquie dei martiri Urbano, Donato, Crescenzio (20 maggio 1798).
L'epigrafe, posta a perpetua memoria dell'evento, è mutila delle due righe in cui erano il nome e i titoli di Ferdinando IV, re di Napoli; tale intervento di cancellazione si ritiene sia avvenuto nel 1799 ad opera dei rivoluzionari della repubblica partenopea oppure nel 1860, in occasione della caduta dei Borboni e della conseguente fine del Regno delle Due Sicilie.
La consacrazione della nuova chiesa, costruita ex novo grazie al contributo economico volontario elargito dai cittadini, ebbe luogo quando il campanile non era ancora completato: infatti, in tale occasione, l'arcivescovo esortò il popolo a contribuire per il completamento dei lavori che si erano protratti per quasi mezzo secolo, forse a partire dal terremoto del 20 febbraio 1743.
Si ritiene che a seguito dell'evento naturale, la precedente chiesa, del XIV o XV secolo, dovette subire gravi danni e pertanto si optò per la costruzione di un edificio più grande, in grado di ospitare gli oltre mille abitanti di Guagnano così da risultare funzionale ai bisogni di un centro urbano in continua espansione demografica.
La copertura a volta risale agli ultimi anni del XIX secolo, determinando poi la necessità di costruire archi rampanti al primo piano delle fiancate per tenere in piedi l'edificio e collocare tiranti in ferro che tenessero unite pareti forse troppo esili per resistere alle spinte dell'ampia volta.
Nel 1898 furono attuati i primi interventi di restauro; nel 1923 ne furono avviati ulteriori, conclusi il 5 ottobre 1924 con celebrazione ufficiale di consacrazione.
Del 1981 il restauro degli stucchi del XVIII secolo nelle parti mancanti e rovinate, per opera del decoratore Raffaele Murra2.
Ad un'osservazione attenta all'interno dell'impianto settecentesco risultano ben evidenti persistenze della vecchia cappella; nel progetto di ampliamento fu posta particolare attenzione affinché l'antico muro sopra il quale era affrescata l'immagine della Vergine rimanesse a lato vicino l'altare maggiore.
L'altare delle Anime del Purgatorio, stando alla leggenda, fu costruito davanti all'immagine scoperta da un bovaro che nel cercare un bue perso dalla mandria, avrebbe trovato l'animale genuflesso di fronte all'affresco; ciò avrebbe condizionato l'orientamento della nuova chiesa, ponendo la facciata verso oriente, al posto della precedente zona absidale.
Il dipinto mariano si presenta oggi mutilo su tutti e quattro i lati; si può presumere che la Vergine vi fosse riprodotta a figura intera.
L'attuale collocazione, al centro di una tela in cui sono dipinti i misteri del Rosario, non è da considerarsi quella originaria. L'opera, una pittura parietale a intonaco asciutto sul tipo della tempera a calce, riprende lo schema della Madonna in trono con Bambino e due angeli.
Dal punto di vista cronologico sembra ascrivibile all'ultimo periodo del XIV secolo o al primo del XV e sembra riconducibile a una serie di opere che testimoniano il persistere in Terra d'Otranto di un carattere bizantino che si protrae anche oltre il medioevo.
L'affresco costituisce uno dei numerosi esempi riconducibili al clima che in Puglia, particolarmente in Salento, garantisce un proseguimento, anche in pieno Rinascimento, della cosiddetta "maniera greca".
Da notare, all'interno della chiesa, l'organo e gli altari settecenteschi sotto il titolo del Crocefisso. Al periodo rinascimentale risale il battistero, già oggetto di intervento di restauro.
1 Annibale de Leo:(San Vito dei Normanni, 16 giugno 1739 – Brindisi, 13 febbraio 1814) arcivescovo cattolico ed erudito italiano.
2 Raffaele Murra, pittore ed artista tra i primi e maggiori esponenti della scuola leccese contemporanea.
Chiesa S. Maria del Carmelo
La Chiesa risale ai primi del 1600 e fu edificata come cappella intitolata a Santa Maria del Monte Carmelo in una antica contrada denominata Badia Baldassarre, all'interno della foresta di Oria.
La chiesa in origine aveva tre altari: quello maggiore su cui era l'immagine (un olio su tela) della Madonna del Carmelo, un secondo intitolato a Sant'Andrea Apostolo ed un terzo al Santissimo Crocifisso.
Punto di aggregazione e fulcro di vita religiosa per la popolazione di coloni e contadini del feudo dei Baldassarri, fu benedetta nel 1801, al termine di importanti lavori di restauro e ridefinizione del complesso.
Oggi la chiesa della Madonna del Carmelo di Villa Baldassarri ha un aspetto ad unica navata e un nuovo apparato decorativo ed iconografico. Il suo aspetto attuale si deve agli interventi completati nel 1957, che ebbero l'intento di restituire all'edificio la sua dizione originaria.
Vincent City: l'Eremo
Vincent Brunetti, nato Vincenzo Maria Brunetti a Guagnano il 3 dicembre 1950 è un pittore e scultore salentino, noto anche con l'appellativo "Libellula del Sud". Ha vissuto a Milano per oltre vent'anni dove per i meriti artistici gli è stato conferito nel 1970 l'Ambrogino d'Oro. Incontra Francesco Messina e frequenta l'Accademia di Brera; poi Giacomo Manzù che lo segue ed incoraggia; infine Arnaldo Pomodoro che lo accoglie presso la sua Bottega. Tornato nel Salento progetta e realizza, tramite materiale di recupero, un'immensa abitazione dove vive in solitudine (donde il nome Eremo), realizzando ed allestendo tutta la sua arte.
"Reggia rurale" e "Città dell'arte e luogo di rilassamento psichico e catarsi collettiva": sono queste le espressioni, incastonate come coloratissime gemme lungo le pareti di ingresso dell'eremo di Vincenzo Maria Brunetti, attraverso le quali l'artista (in arte Vincent) presenta la sua opera.
Vincent City, ubicata nelle campagne guagnanesi, è una casa-museo, trasposizione in pietra e mattonelle di una visione artistica, convivenza estrema tra sublime e kitsch. Una realtà singolare, creata dall'eccentrico artista, pittore e scultore.
Chiesa e Orfanotrofio S. Antonio
Il convento di S. Antonio, ubicato presso la via Statale per Taranto, fu edificato grazie ai contributi elargiti volontariamente dai cittadini ad inizio Novecento per essere destinato ad orfanotrofio e poi a convento di suore Antoniane. L'Orfanotrofio Femminile di Sant'Antonio testimonia la strenua dedizione all'incarico misericordioso nonché l'immenso animo caritatevole di Mamma Coi (Cosima Raganato).
Mamma Coi si affidò alla generosità dei suoi concittadini, alle cui porte bussò una per una chiedendo oboli, in nome di Dio, per la realizzazione di quest'istituzione che decise di intitolare a Sant'Antonio. Instancabile e caparbia, camminò a piedi di paese in paese a questuare in ogni dove, per dare amore e sostegno a tutte le creature abbandonate e assicurare ora, mediante la realizzazione dell'orfanotrofio, un avvenire cristiano e decoroso.
La costruzione si sviluppa su tre piani ed ingloba al suo interno tre cortili. La facciata è chiaro esempio di architettura dei primi decenni del Novecento, dominata da linee essenziali. Il portale di accesso, con lunetta, è sormontato da un timpano con rosone che raffigura Santa Cecilia. Al convento si accede dal lato destro, attraverso un portale con lunetta di fattura piuttosto semplice, in stile con il resto dell'edificio. Il campanile, posto sul lato sinistro, è dominato dalla statua di S. Antonio da Padova, realizzata secondo la tradizionale veste iconografica (con il giglio in mano).
All'interno dell'edificio vi è una sola navata, con abside affrescato con il motivo del pellicano che si squarcia il petto per nutrire i figli: evidente richiamo al sacrificio della passione di Cristo.
L'altare marmoreo è particolarmente complesso rispetto all'architettura circostante. Esso si sviluppa su tre ordini, con quello superiore che ospita la statua di S. Antonio con il Bambino, il tutto entro una struttura a due ordini spioventi.
Chiesa San Cosimo e Damiano
Sono gli anni 1962-63, in cui è Sindaco Don Salvatore Memmo ed il fratello Silvio insieme a Don Giovanni Buccolieri decidono di edificare una piccola Chiesa in un quartiere di Guagnano denominato "Paisiello" e di dedicarla ai Santi Medici.
Il terreno viene donato dalla madre del Giudice Silvio e del Sindaco Salvatore Memmo, la signora Civino Rosa, il progetto è redatto dal Geom. Michele Liquori di Lecce.
I lavori sono realizzati in parte con Cantieri di Lavoro ed in parte dall'impresa dell' ing. Gravili Vincenzo. I fondi vennero offerti dai cittadini di Guagnano.
Antiche Chiese
Le fonti – per lo più relative alle visite pastorali - attestano la presenza di antiche chiese, delle quali si fornisce a seguire un breve elenco con indicazione delle date in cui la presenza ne viene indicata chiaramente.
• Chiesa di Santo Stefano (intra moenia): fonti del 1622 e 1640.
• Chiesa di S. Antonio (extra moenia): fonti del 1638 e 1640.
• Chiesa di S. Vito: fonti del 1640 e 1752.
• Chiesa di S. Maria dello Spasimo o "dei Sette Dolori" (extra moenia): fonti del 1638 e del 1752.
• Cappella di San Sebastiano, costruita con il materiale di risulta successivo al crollo della Cappella di san Giovanni Battista: fonti del 1627 e del 1640.
Del 1752 il documento relativo alla visita pastorale dell'Arcivescovo Giovanni Angelo Ciocchi del Monte da cui si evince un elenco delle chiese esistenti a Guagnano:
Cappella SS. Crocefisso; Cappella di S. Vito; Cappella di S. Maria dei Sette Dolori; Cappella di S. Maria della Vittoria; Cappella di S. Giorgio; Cappella Beata Vergine delle Grazie; Cappella Beata Vergine dell'Assunta; Cappella di Santa Maria dei Macinili; Cappella della Villa dei Baldassarri.
Oggi in buone condizioni di conservazione si ha la Cappella di San Gaetano, adiacente alla masseria omonima. Sita sulla via che conduce a Cellino San Marco, è inserita in un complesso edificato nel ‘500 dai Teatini (San Gaetano è il fondatore dei Teatini).
Antico Castello
Palazzo del XIII secolo ubicato nella Piazza principale di Guagnano, di fronte alla Chiesa Maria SS. del Rosario. I documenti del XIII secolo riferiscono di una struttura difensiva di epoca forse bizantina nell'anno in cui il casale fu infeudato da Guidone Sambiasi, il 1274.
Di certo attorno a tale struttura si raccolsero le poche abitazioni che all'epoca costituivano il casale.
Il palazzo è stato oggetto di numerosi interventi durante il corso dei secoli ed ha riportato seri danni a seguito del terremoto del 1743. Attualmente l'edificio, che più che a un castello assomiglia ad un palazzo baronale, è suddiviso in diverse abitazioni che affacciano sulla piazza centrale e sulla laterale via Castello.
Poco o nulla si conserva nella facciata dell'aspetto feudale, dato che le merlature che ornano la torre sono state realizzate in epoca recente. L'impronta dell'originaria configurazione può essere letta al piano terra, ove vi sono ambienti che non hanno subito particolari rimaneggiamenti architettonici. Uno degli ambienti, infatti, ha conservato la volte a botte ed i finestroni a scivolo, con una cinta muraria dello spessore di circa tre metri.
La ristrutturazione degli altri ambienti, ripristinati con volte a stella, è stata effettuata a seguito del terremoto del 1743. Il piano nobile presenta volta interamente affrescata a cura di M. Leuci, con decori liberti e reca la raffigurazione di quattro personaggi storici: Giuseppe Garibaldi, Giosuè Carducci, Giovanni Bovio ed Enrico Ferri.
I quattro ritratti sono disposti geometricamente a corollario rispetto all'allegoria della Libertà: una figura di donna in volo accompagnata da una giovane farfalla su un mare in tempesta. Di pregevole fattezza il pavimento originale del XIX secolo.
Abitazione Ceino
Tale fabbricato al centro della piazzetta Ceino sicuramente è fra i più antichi di Guagnano. Sicuramente era la Canonica del vecchio Santuario, successivamente inglobato dalla successiva Chiesa Matrice, ed è stato realizzato nel XV secolo. Anche il portone in legno risale all'epoca della prima costruzione, mentre i successivi ampliamenti risalgono ai primi dell'800.
L'abitazione era di proprietà del Notaio Francesco Ceino, Sindaco di Guagnano dal 1876 al 1878.
Palazzo Candido
Palazzo nobiliare del XX secolo, sito lungo la via Statale per Taranto. Il palazzo prende il nome dalla famiglia che ne ha promosso la costruzione.
La facciata, che domina tre vie, presenta ampi prospetti con lunghe balconate rette da mensole. I decori della facciata prediligono lo stile liberty.
Interessante il lato che affaccia su Vico Candido, dove è presente un collegamento a mo' di ponte per congiungere il palazzo alle dimore attigue, un tempo occupate dai domestici.
Lo stemma nobiliare collocato sul ponticello risulta eroso dagli agenti esogeni, pertanto di difficile lettura.
Un elemento notevole è la scalinata interna che porta al primo piano, particolarmente interessante dal punto di vista architettonico e decorativo. Il tutto preceduto da un elegante patio di gusto classicheggiante retto da imponenti colonne doriche.
Gli ambienti del piano superiore presentano interessanti soffitti realizzati con la tecnica della "tempera su carta" nei quali spicca "una perentoria presenza della figura femminile", probabile allegoria della Primavera, in cornici floreali ed ovali di paesaggi.
La famiglia nobiliare Candido sicuramente aveva origini napoletane, come gran parte dei latifondisti proprietari terrieri di gran parte del Salento.
Palazzo Marchese Mucci
Palazzo nobiliare su due livelli, dalle imponenti dimensioni, che risale al XVII secolo e si affaccia su più vie del centro di Guagnano, in prossimità della Piazza Maria SS. del Rosario.
La facciata principale presenta un maestoso portone sormontato da un balcone su cui era collocato lo stemma nobiliare della famiglia Mucci. I balconcini delle facciate laterali sono meno sporgenti rispetto a quello della facciata principale.
All'ingresso dell'edificio si trova un elegante patio in stile classico, retto da colonne in stile dorico che conducono verso una scalinata monumentale a due rampe, in stile barocco, ai cui lati si aprono alcune nicchie che in passato devono aver ospitato elementi decorativi.
Dal patio, a destra della scalinata, si accede al locale delle cucine, attraverso una piccola entrata a portico che conduce all'antica cisterna.
Il piano superiore presenta i soffitti decorati con la tecnica della tempera su carta.
Elemento dominante dell'intera decorazione è la figura femminile, quasi allegoria della Primavera, accompagnata da rappresentazioni fitomorfe e zoomorfe dal gusto quasi orientaleggiante (fatto non inconsueto per gli inizi del Novecento).
Al primo piano, alle spalle della scala monumentale, si trova l'accesso ad un terrazzo arricchito da un porticato con elementi decorativi di stile cinquecentesco.
Ambiente Rurale
Il Salento, estremo lembo della regione Puglia, presenta una realtà geografica omogenea, che lo distingue dalle altre quattro subregioni (Gargano, Sub Appennino Dauno, Tavoliere di Foggia e Murge) e ne esalta i caratteri distintivi.
Corrispondente alla storica circoscrizione di Terra d'Otranto, il Salento si estende a Sud della congiungente Taranto-Brindisi, fino a Santa Maria di Leuca, e comprende l'intero territorio della provincia di Lecce e gran parte di quello delle province di Taranto e Brindisi.
Il Salento fu terra di conquista e di passaggio di numerose popolazioni (tra gli altri, Normanni, Svevi, Aragonesi), che impressero sul territorio tracce indelebili della loro presenza, contribuendo a creare una koinè culturale unica ed irripetibile, tutt'oggi evidente nei caratteri delle genti salentine.
La regione rappresenta, infatti, un unicum non solo dal punto di vista fisico, ma anche sotto il profilo culturale ed economico.
Il Salento si distingue per i radiosi paesaggi rurali punteggiati da monumenti di pietra a secco, per gli animati centri storici e per la multiforme economia locale, che ha visto l'artigianato evolversi in una miriade di piccole e medie imprese manifatturiere ed il turismo, ancora prevalentemente balneare, sempre più allargato a nuove offerte di carattere culturale, congressuale, rurale. L'agricoltura, ammodernata e rinnovata, è ancora protagonista.
Masseria San Gaetano
La masseria San Gaetano, cui è annessa una cappella, è ubicata nell'omonima contrada lungo la via che collega Guagnano a Cellino San Marco, a 1 km dall'abitato.
Si tratta di una tra le masserie più antiche del feudo di Guagnano (XIV secolo), le cui componenti architettoniche risultano particolarmente originali, pur nella loro semplicità.
La denominazione del complesso ricorda il fondatore dei Teatini, S. Gaetano Thiene; infatti il complesso è stato un antico monastero dei Teatini edificato nel ‘500; successivamente stazione di posta, poi passata alla proprietà della famiglia Stefanizzo.
Immersa tra alberi secolari e circondata da mura a secco imponenti, era dotata di frantoio, mulino, magazzini per depositi, palmento e stalle. La struttura aveva in origine funzioni difensive, come attestato dalla presenza di caditoie sulla torre annessa. La facciata risulta semplice ed essenziale, anche per l'accesso alla chiesetta, ambiente lineare e regolare posto sul lato sinistro dell'edificio.
Altre Masserie
Il termine masseria indica una fattoria molto diffusa qui in Puglia.
Nascono come strutture legate al latifondo, erano quindi delle grandi aziende agricole abitate, spesso, anche dai proprietari terrieri, ma la grande costruzione rurale comprendeva pure gli alloggi dei contadini, anche solo stagionali, le stalle, i depositi per foraggi e i raccolti.
La nascita delle masserie risale agli anni tra il Cinquecento e il Settecento, quando la Spagna, per approvvigionarsi dei cereali, concedeva la licenza di ripopolamento ai nobili del Regno delle Due Sicilie, i quali arrivavano a fondare perfino dei veri e propri villaggi nei dintorni della costruzione originaria.
Molte oggi sono in abbandono, ma sempre più frequentemente cominciano ad essere restaurate e riutilizzate come aziende agrituristiche. Qui a Guagnano si ricordano importanti masserie come :
• Masseria Boci,
• Masseria Marini,
• Masseria Monte Calarese,
• Camarda